Le origini del ballo

Il Valzer o Walzer
Deriva dal verbo tedesco walzen = girare quasi la sua etimologia significhi, che esso è il ballo girato per eccellenza.Molto controverse sono le opinioni sulle origini di questo ballo. Francesi, Tedeschi e Svizzeri ne contendono la paternità.
La musica del valzer, e di 3/4 od anche di 3/8 diverse sono le specie di Walzer, quello a sei, così detto dal suo passo, che si compone in sei movimenti; quello a due tempi,  il saltato , il Boston ecc…
La Polca o Polka
La Polka viene dall’Ungheria, ma è ritenuta, come indica anche il suo nome, una variante boema d’una danza d’origine polacca.
Nel 1830 si cominciò a ballare la Polka, la quale in breve si diffuse per tutti i paesi ovunque accolta con tanto entusiasmo, che per molto tempo fu la danza preferita e di gran moda.
La musica è in tempo di 2/4. Siccome però ogni passo di Polka, che si svolge in una battuta, consta di tre movimenti così nell’insegnamento torna comodo divider la battuta in quattro parti, giovandosi dell’ultima parte per prepararsi alla partenza del secondo passo.
La Mazurca o Mazurka
La Mazurka è una danza graziosissima originaria della Polonia.
Ma nelle nostre sale riusciva difficile ballarla nella sua forma pura a cagione delle sue figure complicate. Si è pensato quindi di collegare il passo della Mazurka con quello della Polka, venendosi così a formare il ballo, che descriveremo ora.
La musica di questa danza è di 3/4, come il Walzer, ma di movimento più lento.
Il passo della Polka-Mazurka si esegue in sei tempi, durante lo spazio di due battute, e consta sei movimenti; tre di Polka e tre di Mazurka.
(da “Il Ballo – storia della danza” di P. Gavina, Cisalpino Goliardica, Manuali Hoepli).

La Romagna riconosce a Carlo Brighi ( 1853-1915 in arte Zaclèn o Zaclòin a seconda dell’area dialettale romagnola in cui ci si trova), il merito di aver operato una grande innovazione e di essere il “padre” della musica da ballo romagnola per come la conosciamo noi oggi.
L’avvocato Chiesa, intervistato dallo storico Gianfranco Miro Gori, nel suo libro “Guida alla Romagna di Secondo Casadei” dice: “Carlo Brighi aveva introdotto la musica mitteleuropea nella cultura romagnola, eseguendola in modo assai più rapido”.
La borghesia cittadina aveva trovato nei circoli un luogo ideale per ballare ma i più poveri dovevano adattarsi. La soluzione più usata erano i vecchi magazzini oppure le aie. Le sale da ballo più popolari erano comunemente chiamate “è camaròn o piscaza” . Delio Ricci grande ballerino e amico di Secondo Casadei (oggi ultra novantenne) racconta che i pavimenti spesso erano di mattoni rossi e l’illuminazione era con le lampade a petrolio, l’orchestra veniva messa in palchi molto alti colpa la mancanza di amplificazione. La polvere rossa che si formava durante il ballo saliva verso l’alto e aggiuta al fumo delle lampade e come disse lui in dialetto “ula magnèva tota quènta l’orchestra”.
Alcuni poi racconteranno che spesso quando si doveva levigare un pavimento si organizzava una serata da ballo. Coloro che organizzavano la serata dovevano garantire l’affitto della sala, il compenso all’orchestra ecc.
Il sistema era quello di far pagare un soldo ogni ballo. Quindi balli brevi, più balli si faceva in una serata più si incassava. Le donne non accompagnate non erano sollevate dall’esborso. La tradizione voleva che il pagamento fosse fatto al termine del ballo. Ciò portò ben presto alla sostituzione del sistema che allora portò non poche questioni tra chi doveva pagare e chi doveva riscuotere. Pagare prima, la corda, come ricorda Riner Montemaggi in una intervista di Davide Cocchi. La corda veniva messa all’ingresso della zona di ballo e chi voleva andare a ballare per passargli oltre doveva pagare il soldo. Al termine del ballo con la corda tesa da un capo all’altro della pista si spingeva fuori i ballerini per poi ripetere la procedura.
Fu nel ventennio fascista che questa musica prese concretamente a considerarsi tradizionale romagnola. Questo fu voluto in gran parte anche dal regime che per contrastare il crescente influsso della cultura musicale d’oltre oceano, la prese come esempio di creazione d’arte e tradizione patriottica.
Arriva la guerra e i permessi sono ritirati, non si suona e non si balla più.
È il 1944 l’anno in cui a Cesena si ricomincia a ballare è la sala del famosissimo Hotel Leon D’Oro ad aprire le danze prima con i Tedeschi e poi subito dopo con gli Inglesi.
Diventa un periodo di balli continui festa o non festa che sia, tanto che anche il Vescovo di Cesena ormai estenuato da questa situazione ordina di non benedire più i luoghi dove si sono tenute danze.
Per capire meglio la situazione nello stesso periodo il Generale Inglese Stevens fece un intervento radiofonico alla BBC e disse alla fine: “In Inghilterra, in Francia, in Belgio e in Germania si lavora e in Italia si balla e si chiacchera! Buona sera”.
Terminata la guerra la voglia di tornare alla normalità è tanta e la voglia di cose nuove contagia anche la musica e tutto ciò che è considerato tradizionale è anche considerato vecchio.
Le nuove sonorità americane la fanno da padrone, arrivano il Rock’n’roll il Mambo, il Jazz, il Boogie-woogie ecc.
Valzer, mazurca e polca, sembrano caduti definitivamente in disgrazia, tutti o quasi li fischiano. Quasi tutte le orchestre che stanno rinascendo si adeguano alle richieste, Casadei no!
Nell’intervista televisiva della RAI  –  A tu per tu, firmata da Giorgio Vecchietti, il Maestro Secondo Casadei ricorda quei momenti e dice: “La mia filosofia allora era questa; come uno arriva qui a casa mia e dice via di qua! Noi facciamo cinque o sei pezzi dei vostri, ma ogni tanto anche uno dei miei!”
La sua crociata sarà lunga e non immune da critiche e disperazioni.
Riccarda Casadei, figlia del Maestro, ricorda che una notte dopo essersi svegliata, mentre si recava in cucina, vide la luce accesa nello studio del padre, aprì leggermente la porta, lo vide piangere!
Delio Ricci gran ballerino racconta che allora era una gran sofferenza anche per loro che erano appassionati del ballo romagnolo e che a volte dovevano aspettare quasi la fine della serata per poter fare un valzer una polca o una mazurca.
Casadei non molla e con il passare degli anni arriviamo al ritorno del ballo e della musica romagnola, siamo alla fine degli anni ‘50.
Di questo periodo successivo è particolare la testimonianza di Riner Montemaggi ballerino dice: “In t’la nosta rumagna e boogie i ne balèva piòi vlòiva la musica ad Secondo e chè al ciacri. I l’avòiva bott tun cantòun l’americèn” (nella nostra romagna il boogie non lo ballavano più, volevano la musica di Secondo (Casadei), non chiacchere. L’avevano buttato in un angolo l’americano).
Questo è anche il periodo in cui nasce il grande connubio con la Radio.
L’orchestra Casadei diventa la padrona incontrastata delle trasmissioni di Radio Capodistria.
La radio di stato non da spazi ma la radio slava la prima tra l’altro libera, sì.
“Musica per voi” è la trasmissione che lancia nel 1958 Romagna mia in tutta Europa e Nord Africa.
In una intervista il suo conduttore dichiara che se avesse anche solo preso 100 lire per ogni volta che gli era stata richiesta, sarebbe diventato miliardario.
Gli anni sessanta sono contrassegnati da un grande ritorno della musica da ballo romagnola e di conseguenza dei ballerini.
La professoressa Iris Mordenti (violinista) ricorda le serate di pienone dove i ballerini faticavano a ballare: “A volte tutti si fermavano formando un cerchio e i migliori erano invitati a esibirsi al suo interno”.
Le orchestre si moltiplicano e gli appuntamenti anche, così si organizzano i primi campionati di ballo Romagnolo.

Nel 1968 G. Piero e Anna Cicognani, nipoti di Elio Cicognani grande ballerino faentino, hanno una brillante intuizione, quella di preservare, rinnovare, e tramandare la tradizione del ballo romagnolo.
Assieme riportano sulla scena del ballo, variazioni perdutesi nel dopoguerra: la saltata a sinistra della polca e la direzione di ballo, creano un concetto nuovo di accompagnamento costruito sul fraseggio musicale e divisione delle parti.
Creano inoltre variazioni come nel caso della polca che incontrano immediatamente i favori del pubblico e dei ballerini: i passi doppi girati a destra e a sinistra, il passo di cambio, i passi sincopati, i passettini e la fermata a metà trio.
Nel 1975 Giampiero Cicognani completa il suo grande lavoro, codificando i passi e creando le basi delle Danze, ne scrive la prima edizione per la quale gli verrà conferito il Diploma di Maestro di Danze Folk dell’Associazione Nazionale Maestri di Ballo.
Queste basi sono tuttora materia di esame per i Maestri e per le competizioni di Danze Folk.
Il 20 giugno 1976 si fonda la Federazione Danze Folk romagnola tra i maggiori esponenti del ballo romagnolo,  ufficializzando così il genere e i suoi passi.