Il diario inedito

Abbiamo sempre avuto degli animaletti in casa. Anche quelli avevano dei nomi attinenti alla musica. Avevamo due pappagallini che si chiamavano Mambo e Rumba, due pappagallini inseparabili; avevamo un gatto che si chiamava Valzer, il gallo Caruso, la gallina Butterfly, i cani negli anni si sono chiamati Jazz, Boogie, Bemolle (3).

Nelle serate d’inverno si metteva con la chitarra attorno al tavolo con la famiglia riunita per la cena ed erano ancora occasioni per condividere la sua musica.

In inverno quando stava a casa la mamma faceva la piadina con i cavoli, mi sembra che ci fosse solo quello perché il prosciutto, l’affettato, li abbiamo avuti più avanti. Beveva un mezzo bicchiere di vino il babbo, poi prendeva la chitarra, si metteva a cantare con noi le sue canzoni e anche quelle che andavano di moda allora. Prendeva delle volte in mano il bicchiere di vino e ci diceva sempre: “La mia musica è come il vino, che rallegra la gente”, lo metteva contro la finestra questo bicchiere di vino rosso. Mi ha insegnato a ballare, attorno a questo tavolo, il valzer, la polca e la mazurca, mi ha insegnato lui tutti questi balli (4).

Continuava a tenere duro perché era troppo appassionato alla suo genere musicale, avrebbe potuto adattarsi ed assecondare le nuove richieste del pubblico. Preferisce invece rispondere imprimendo alla sua musica un ritmo altrettanto incalzante e indiavolato: aggiungendo all’orchestra tromba, trombone e sax tenore propone le sue polche ‘atomiche’.

Molti contratti si facevano nei bar, luoghi di raduno degli orchestrali, ma capitava che qualche impresario lo raggiungesse nella sua casa di Savignano.

Quando arrivava qualcuno andavamo ad aprire, li facevamo accomodare in questo studio, poi il babbo chiudeva la porta, noi andavamo tutti in cucina. Dopo un po’ di tempo il babbo apriva la porta dello studio: “Maria, porta da bere!”, allora noi facevamo dei gran salti perché quando diceva “porta da bere” voleva dire che era stato fatto un contratto, il che succedeva quasi sempre. Allora la mamma -avevamo un buffet con il vetro che si incrociava- prendeva fuori due tre bottiglie: un bottiglione di cognac Vecchia Romagna, poi c’era una bottiglia che mi incuriosiva sempre, che a me piaceva, si chiamava Millefiori Cucchi, con il rametto cristallizzato, poi c’erano l’Oro Pilla, lo Strega. La mamma portava di là il vassoio con i bicchierini da liquore, bevevano, si stringevano la mano, facevano il contratto. Noi tutti contenti perché voleva dire che si poteva comprare un astuccio in più, un paio di scarpe; la mamma voleva fare il servizio buono e non riusciva mai a farlo, quello che lei sognava di fare, il servizio che ogni brava padrona di casa ha, i piatti e i bicchieri di cristallo (5).

Le richieste arrivavano spesso attraverso il biglietto verde con l’avviso di recarsi al posto telefonico.

Quando stavamo in via Perticari non avevamo il telefono, l’abbiamo avuto quando siamo andati ad abitare in via della Pace. Allora chiamavano mio padre, arrivava il fattorino con una specie di fogliettino verde della TIMO, in cui era scritto: “Maestro Casadei, si prega di presentarsi subito…”, oppure “alle ore 14.30”, o “alle 16.00”, a seconda. Quando diceva “subito” il babbo molte volte era a letto, si metteva i pantaloni, una giacca sopra al pigiama, le calze e le scarpe, un cappotto se era inverno e andava subito, perché poteva essere un contratto o comunque un impegno di lavoro importante. Prendeva la corsa e andava subito. In seguito i signori che abitavano di fronte a casa nostra, siccome avevano un recapito corriere e avevano messo su il telefono, dissero: “Maestro, ma approfitti del nostro numero, si faccia chiamare qui, almeno attraversa solo la strada”, mi ricordo che avevano il numero otto. “Maestro, la chiamano al telefono!”, allora faceva presto (6).

Nel 1952 arriva Arte Tamburini, la prima cantante donna a far parte di un’orchestra, poi Romagna mia e il successo mondiale. Nel 1955, un anno dopo l’incisione della canzone, che verrà lanciata da Radio Capodistria nel 1958, Casadei ha riacquistato la popolarità di un tempo.